Recentemente è rimbalzata con gran risonanza una nuova “narrazione al contrario”: le api allevate non solo stanno fin troppo bene, ma addirittura sono troppe!
A chi non è capitato di incapparci?
Succede sempre più sovente di scontrarsi con un’“informazione” che distorce quella parte di realtà che in prima persona si vive e conosce fin troppo bene. Da quando le api sono diventate soggetto di cui si parla, ho constatato sistematiche operazioni di falsificazione, così come anche di denigrazione e di calunnia degli apicoltori, mai però di tale, totale creativa superficialità, infondatezza e gravità.
Mi sono quindi dedicato a una piccola ricerca online per ricostruire genesi e propagazione di questo ennesimo e “innovativo” stravolgimento del reale.
19 agosto
Il New York Times pubblica in bell’evidenza, con relativi podcast e versione in spagnolo, un lungo articolo dell’editorialista David Segal, già vincitore di un Pulitzer
2013 con un team di giornalisti per vari articoli sulle pratiche commerciali di Apple & C.
Il colorito racconto propone una successione di rozze “connessioni”, di azzardati “nessi” e di iperboliche “deduzioni” che di seguito sintetizzo:
- l’allarme per le api è partito dagli USA nel 2006 per la moria delle colonie dovuta a una “misteriosa sindrome”, il C.C.D. (da cause confuse e multiple:
pesticidi, parassiti, riduzione d’habitat, clima, ecc…) da allora è nata e si è diffusa una “semplificazione di alcuni fatti complicati”. - La moda di tenere alveari per diletto o per immagine aziendale nelle città, fa sì da provocare a Lubiana come a New York e a Londra, un eccesso di api mellifere potenzialmente competitive con altri impollinatori.
- Oggi gli alveari sono così onnipresenti in alcuni luoghi, soprattutto nelle aree urbane, che la quantità di miele che ciascuna produce sta diminuendo. Quindi
se la Slovenia produce meno miele, anche se ha più che raddoppiato il numero di alveari, è perché non cʼè abbastanza nettare in giro ed è per questo che si
devono nutrire le colonie di api con lo zucchero per gran parte dell’anno.
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