L’ape e l’architettura – Novità dalla ricerca

di Daniele Besomi

Parte 3: L’orientamento dei favi, l’escursione dell’umidità invernale, e la calura estiva. Nella parte precedente di questo articolo (l’apis n° 9-2020) abbiamo visto come i materiali di costruzione e la forma del nido influiscono sugli estremi di temperatura e umidità che entrano nell’arnia durante una giornata soleggiata invernale. In questa parte conclusiva esaminiamo le ripercussioni di un altro elemento strutturale dell’arnia – l’orientamento dei telai a favo caldo o a favo freddo – e consideriamo altri scenari meteorologici invernali e l’effetto della calura estiva in arnie collocate in pieno sole. Per la metodologia e i tipi di arnia esaminati si rimanda alla prima parte dell’articolo (l’apis n° 8-2020).

Favo caldo, favo freddo, e la coibentazione del coprifavo

I dati raccolti nei giorni di bel tempo invernale non permettono di trarre
delle conclusioni univoche sulla differenza tra arnie a favo caldo e a favo
freddo, in parte anche a causa del malfunzionamento di alcuni termometri e per un problema di impostazione. A una prima osservazione (figura 13) risultavano temperature diurne anomalmente elevate in un’arnia Dadant da 12 telai orientati (con semplici modifiche strutturali) a favo caldo. La causa è risultata essere l’assenza di coibentazione del coprifavo, che induceva un surriscaldamento della parte alta dell’arnia, a partire dal coperchio di lamiera, che riusciva a penetrare anche all’interno. Le altre arnie invece erano state coibentate, per imitare le condizioni reali nelle quali vivono le api della maggior parte degli apiari delle zone temperate durante l’inverno. In un secondo tempo si è rimediato, ma intanto parte dei dati sono inutilizzabili per un confronto.
La figura 13 ci dà dunque un risultato utile solo per le arnie Warré: quella a
favo freddo in realtà scalda di più durante il giorno, ma scende maggiormente durante la notte rispetto a quella a favo caldo (ma solo di una frazione di grado), così che la sua escursione termica media è di oltre 2 °C superiore a quella a favo caldo. Quanto alla Dadant, la figura 14 mostra come, se si coibenta il coprifavo anche dell’arnia o caldo, questa sale un po’ meno durante il giorno e scende un po’ meno durante la notte, riducendo la sua escursione termica di 1.2 °C rispetto alla Dadant a favo freddo. In entrambi i casi, dunque, le differenze non sono molto significative.
Per quanto riguarda l’umidità relativa (figura 15), tutte le arnie esaminate
hanno un’escursione minore di quella ambientale e reagiscono con ritardo,
ma le differenze tra loro non sono molto marcate, salvo la Warré a favo freddo che oscilla molto poco (escursione media 17.4%, contro il 36.5% di quella dell’umidità esterna). Nella Warré a favo caldo c’è una notevole differenza tra il favo più vicino alla porta e quello più nel retro: quest’ultimo è molto più stabile (escursione media 9.9%, contro
il 25% del favo anteriore). Nella Dadant, non si rileva questa differenza.
In misurazioni effettuate l’inverno precedente (dunque non direttamente
confrontabili con quelle presentate qui) in una Dadant a favo freddo, un
sensore situato al centro non mostrava differenze significative con un sensore tra i telai laterali, né per temperatura né riguardo all’umidità relativa.

Fig. 13: Favo caldo e favo freddo, Dadant e Warré: temperature

Fig. 14: Dadant: favo caldo e favo freddo: temperature

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