Ritorno al passato per un’apicoltura professionale in difficoltà? – Apicoltori d’Italia

di Antonio Carrelli

Con le mancate produzioni oramai perpetue e i costi di gestione sempre più elevati, per un’apicoltura che guarda al futuro ci potrebbe essere un ritorno al passato. Rispolverando alcune tecniche di conduzione, ma anche nuova logistica e diversificazione produttiva

21 ottobre 2022 ore 17.30, fa ancora caldo, giornata dalle api conclusa.

Mi siedo e, gustandomi pane e frittata con zucchine, guardo l’ultimo apiario a cui ho ingabbiato la regina, pensando già a come potrà essere la prossima stagione tenuto conto che la semina della sulla è stata seguita da abbondanti piogge il che fa supporre la nascita di prati belli e rigogliosi.

Il caldo fuori misura di ottobre potrebbe accelerare la sua crescita rendendola molto vulnerabile alle gelate invernali per non parlare di quelle tardive!!!!

OHMMIODDIO!!

Un sorso di una birra fresca mi fa rinvenire e penso, in vista di tutti gli eventi negativi, che forse bisognerebbe ripensare l’apicoltura professionale? Vado a intervistare un anziano apicoltore delle mie parti, Meo Vincenzo, che nonostante tutto sembra avere ragione nella sua gestione apistica.

Alcuni dogmi che Nonno Vincenzo ha sempre seguito:
1. monitoraggio continuo degli alveari.
2. Le famiglie con problemi di patologie sopra soglia vengono eliminate.
3. Le api non devono patire mai la fame e la sete.

Un’occhiata alla sua conduzione apistica: l’apiario, composto da circa 60 alveari è da sempre collocato in una postazione che guarda a Sud, ben riparata da venti freddi.

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