
“Se il presente cerca di giudicare il passato, perderà il futuro.
Saper rivivere con piacere il passato è vivere due volte”
(Winston Churchill)
È proprio così: il nostro presente ricco di tecnologia, misteri, incertezze, tanta apparenza e… fuffa, non potrà mai cancellare il nostro passato dʼItalia rurale.
Non è indispensabile recarsi in zone particolari come lʼ Alto Adige per vederne le tracce in: economia, salvaguardia del territorio, agricoltura, identità.
Turismo e marketing sono infatti andati sempre di pari passo come unica alternativa per vivere e creare ricchezza. Ma basta esplorare, perfino nella periferia di Milano, per trovare ovunque angolini con insediamenti rurali abbandonati.
LʼItalia è piena di questi siti: masserie, casali, tabià, capanni, malghe, case coloniche ecc… sono sovente un poʼ nascosti, ma appaiono allʼimprovviso nelle passeggiate su vecchi sentieri disseminati dalle Alpi alla Pianura Padana, dallʼAppennino tosco-emiliano alle Murge.
Ti donano sempre una certa emozione, ti pongono sempre qualche domanda, e ti riporti a casa sovente qualcosa da raccontare, una bella alternativa alla classica serata da passivo bradipo passata davanti a Netflix.
Quanti di noi ne possiedono, ne conoscono, ne frequentano uno, sulla collina o sulla montagna, a pochi chilometri dal paese o dalla città in cui si vive? Caso mai diventato ora un rudere, o magari piccola baita, o quattro sassi però ancora accatastati, come nel mio caso…
E a chi di questi, per hobby o per professione, piace praticare lʼapicoltura?
È per questo motivo che vi racconto che, una quindicina di anni fa, in un bosco adibito oramai solo al taglio della legna in compagnia di mio padre, i quattro sassi di un piccolo fienile ancora accatastato, mi han fatto balzare unʼidea: trasformare questo luogo in un reparto essenziale per la mia azienda, la nostra casa apiario.
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