Lo studio proposto dall’Università di Torino è forse il primo lavoro a mettere nero su bianco dati precisi riguardanti l’economia delle aziende apistiche, ricavati in modo rigoroso e sistematico. Sono dati interessanti, nonostante il limitato numero di casi-studio presi in esame, in quanto sono stati ricavati dall’analisi di fattori e dinamiche che incidono su tutte le aziende apistiche e sono perciò generalizzabili.
In altre parole, adottando lo stesso metodo di valutazione di costi e ricavi ciascun apicoltore può verificare da sé la sostenibilità economica della propria azienda e il costo di produzione del proprio miele.
La valenza universale del metodo di analisi ci consente quindi di dire che nell’annata apistica 2020, con una produzione stagionale media (non solo dei casi-studio) che si è attestata intorno ai 20 kg/alveare, la sostenibilità o meno delle aziende apistiche
biologiche (e non solo) piemontesi è dipesa, a prescindere dal numero di alveari condotti, essenzialmente da due fattori: la manodopera e la nutrizione. Molto meno incisivi i prezzi di vendita, il carburante e via via le altre voci di costo.
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