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…di biomonitoraggio con le api, di indagini ambientali e… molto altro ancora – di Marco Bergero

Siamo ormai all’inizio della stagione 2021 e, come da 5 anni a questa parte, il biomonitoraggio si appresta a ripartire, quest’anno ancora più ampliato e rinnovato sia nelle postazioni sia negli elementi e spettri d’analisi.

Effettivamente, potremmo paragonare questo progetto a delle indagini ambientali vere e proprie; come ogni indagine che si rispetti, ogni nuova stagione porta con sé un pezzetto di verità che va a costituire un mosaico ben più grande di quello pensato di causa-effetto, trattamenti-inquinamento, delle matrici dell’alveare.

Con i dati, e sono molti, raccolti in questi anni dalle api, in tutti i vari ambienti del progetto di biomonitoraggio, si può davvero iniziare a trarre qualche conclusione oppure anticipazione, dipende da come la vogliamo vedere.

Il dato più importante che abbiamo ottenuto è quello di scoprire un qualcosa di non ordinario o non elementare per dirla alla Watson, ovvero un mondo legato alle molecole chimiche nell’ambiente che va oltre ciò che noi umani pensiamo in modo logico, come già raccontato nell’articolo pubblicato sempre nel blog da Luca Bosco.

Ecco che allora la matassa inizia a dipanarsi o quanto meno a prendere forma, e una forma piuttosto mostruosa….

Ora che intravediamo qualcosa di inatteso, l’indagine si fa ancora più affascinante e se vogliamo inquietante ma anche per questo stimolante! Le api ci dicono quello che lo strumento del biomonitoraggio sta facendoci vedere… consapevoli che quella è la punta dell’iceberg dobbiamo agire noi, come settore, per indagare e collaborare in modo diverso con le nostre amate api. 

Dal punto di vista umano, se vogliamo metterla così, col biomonitoraggio abbiamo ottenuto e stiamo ottenendo buoni risultati di collaborazione tra gli enti pubblici (Settore Fitosanitario e Regione) e privati (Agrion e Consorzio di Tutela del Gavi) con una presa di conoscenza sempre più ampia del problema ambientale che le api ci gridano… 

La partita dunque è aperta! Tocca a noi come apicoltori fare la mossa successiva, ovvero quella di unirsi con voce corale per portare in modo sostanziale (con l’accezione anche della sostanza=apicoltori sul campo che ascoltano le api “gridare”) alle istituzioni ma in modo istituzionale, cioè con lo strumento del biomonitoraggio, con la sua evoluzione in altri progetti e ambiti di indagine (progetto bio-agri-apis).

Ecco che allora sarà sempre più importante “fare rete”, come dicevamo circa un anno fa, e lavorare come le api: di concerto e insieme per raggiungere gli obiettivi. Da quest’anno il biomonitoraggio, oltre a raggiungere e superare le 40 postazioni, grazie all’avvento della seconda edizione del progetto nazionale BeeNet, approfondirà anche la relazione tra inerbimenti con specie mellifere interfila e aree a sovescio e indagherà il microbiota delle piante delle api in relazione alla salubrità ambientale.  

Cosa possiamo fare come comunità apistica?! Dobbiamo fare rete mettendo insieme le impressioni di campo, ovvero tutte quelle conoscenze non scritte e non dette che l’apicoltore conosce e vede visitando i suoi alveari, poi metterle insieme e correlarle alla situazione che il biomonitoraggio ci rivela in modo oggettivo. 

Ci saranno modi e tempi per questo ma dobbiamo creare la sostanza e la voce da portare in Regione, al Ministero e in Europa. Come le api comportiamoci da superorganismo e raggiungere gli obiettivi sarà più facile e certamente più soddisfacente!  

Per maggiori informazioni sul biomonitoraggio, consulta il Dossier di l’apis pubblicato, oppure visita il sito di Aspromiele alla pagina dedicata.

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