Il linguaggio dei fiori: un “abominevole mistero” – Impollinatori

di Stefano Benvenuti

Charles Darwin definì l’origine e la rapida diversificazione delle piante a fiore, le angiosperme, come un “abominevole mistero”. Un ulteriore abominevole mistero, oggetto di crescenti indagini sperimentali, scaturisce
dalla decifrazione del linguaggio dedicato ai loro alleati: gli impollinatori. In questo ambito i tentativi di comprensione del linguaggio dei fiori suscita non solamente la sensazione di indagare su aspetti ecologici di questo affascinante mutualismo flora-fauna, ma anche di indagare su un misterioso “Codice da Vinci” da interpretare. Il punto di partenza è cercare
di capire le varie strategie di comunicazione che flora e fauna hanno escogitato nel tempo.
È infatti estremamente affascinante riflettere sul fatto che i fiori e i loro impollinatori si siano evoluti per molti millenni influenzandosi reciprocamente, per una comune utilità, in una vera e propria direzione co-evolutiva. Sembra che le prime angiosperme abbiano scelto proprio gli
impollinatori, e non il vento, come poi accaduto solo successivamente, come vettore del proprio polline destinato a fecondare gli ovari dei fiori
della stessa specie. Tale “collaborazione” nella movimentazione del polline è infatti indispensabile sia per la formazione del seme che per ampliare quella “variabilità genetica” indispensabile per adattarsi alla dinamicità delle condizioni ambientali. Mentre gli impollinatori, soprattutto insetti, hanno evoluto sistemi di raccolta di polline (pelosità, zampe modificate per la raccolta del polline, ronzio in grado di stimolare la fuoriuscita del polline dalle antere, etc.) e nettare (apparato boccale in grado di raggiungere i nettari) le specie entomogame si sono evolute per ottimizzare una sorta di “pubblicità” in grado di attrarre gli impollinatori. È qui che nasce la bellezza di forme, dimensioni e colori attrattivi che possano facilitare l’individuazione delle fioriture anche a grandi distanze. In questa “biodiversità” di strategie possibili nasce anche l’esigenza di selezionare gli
impollinatori in funzione della loro potenziale efficienza nel trasporto del polline. Alcune corolle sono infatti visitabili solo da insetti in grado di esercitare una certa forza di apertura. Basta pensare alle ben note Bocche di leone, facilmente visitabili dai Bombi, e non fruibili da insetti più piccoli e meno robusti o dai fiori di Linaria vulgaris la cui corolla risulta perfettamente adatta a ricevere forma e dimensioni del corpo di un’ape. In questa coevoluzione niente è un caso. Infatti, in termini di attrazione cromatica, alcuni colori sono ben percepiti da alcune categorie di impollinatori. Ad esempio il rosso è ben percepito dal sistema visivo dei Colibrì, uccelli notoriamente specializzati per l’impollinazione di specie tropicali, mentre altri, ad esempio i colori bianco, giallo e le varie gradazioni di viola e blu, sono ben percepiti dall’entomofauna in quanto caratterizzata da un sistema visivo che percepisce soprattutto le lunghezze
d’onda riflesse da questi colori. I colori preferiti da molti fiori mediterranei sono infatti quelli in grado di riflettere i raggi ultravioletti ed è per questo motivo che hanno evoluto la capacità di “tingersi” grazie a pigmenti come antociani e flavonoidi in grado di riflettere la luce solare in modo altamente percettibile da parte degli insetti impollinatori. Vi è un’ulteriore strategia che consente ai fiori di comunicare con l’entomofauna: i profumi; il chemio-linguaggio infatti crea una sorta di “network” tra flora ed impollinatori.

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