Come l’incremento di costi – zucchero, energetici, trasporti, ecc… – contrasta con l’asportazione estiva delle covate e la creazione di nuovi nuclei?
A premessa della problematica su cui sto ruminando, riprendo e aggiorno alcune delle informazioni aziendali già proposte su l’apis (n. 8/2020 e n. 5/2022).
Noi e le nostre api stiamo vivendo un cambio senza precedenti di: clima, vegetazione, fioriture, ambiente, produzioni (sic!) e peggioramento di costi e ricavi (doppio sic!).
Cercare di farvi fronte implica un non semplice adeguamento di mentalità e procedure; certo non ci si può affidare ad abitudini ed esperienze precedenti!
L’apicoltura è per me una grande passione, che mi ha richiesto e impone il massimo investimento e attenzioni, anche perché ho avuto la geniale intuizione di far crescere
la mia dimensione aziendale e professionale nel decennio apistico meno produttivo e meno remunerativo a memoria d’uomo. Cerco quindi di tenere il passo su informazioni, curiosità, riflessioni, per cercare sempre di adeguarmi, migliorare e… tenere botta.
Ciò che davvero è cambiato in questi anni, almeno per la maggior parte delle nostre aziende, è stata la quasi totale scomparsa della melata di metcalfa. Perdita che si ripercuote anche nella più complessa e onerosa gestione degli Apidea, con i quali cessiamo la produzione di regine nella prima decade di agosto; come pure nell’assicurare il mantenimento di fuchi, di fuchi di buona qualità, che appunto nel periodo estivo senza un raccolto sono difficilmente assicurabili.
Le regine, infatti, le voglio di qualità, sia per le nostre esigenze interne, sia per i colleghi che hanno fiducia nel mio operato.
Una delle mie priorità se non chiodo fisso è: se la varroa è male, troppa varroa è il male. Da gennaio in avanti meno ne incontrano – le mie api – meglio è! Pertanto non mi vergogno a dichiararmi sia convinto estremista del blocco anticipato ottobrino invernale, e sia convinto praticante dell’asportazione estiva.
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