Una ordinaria storia di apicoltura, niente di che (o niente di più) – Apicoltura d’Italia

di Jacopo Tosco

Chi sono e dove sono. Come ho iniziato e dove sono arrivato

Ho un diploma da geometra e una laurea come agronomo. Sono nato nella piana ma mi è sempre piaciuta la montagna.
Ho avuto a che fare con gli animali fin da sempre, ma alla maniera agricola: gli animali sono da reddito e devono produrre reddito. Le api sono gli ultimi animali che ho scoperto, li ho visti per la prima volta all’università. Avevo
seguito tutte le lezioni teoriche del corso di apicoltura, e il Prof. finalmente ci portò in apiario a vedere come sono fatte queste benedette api. Lì per lì mi sembrò una roba troppo raffinata per essere produttiva, e la misi da parte. Per vicende della vita poi dalla piana finii in montagna, ma non avevo neanche un animale per le mani: mi tornarono alla mente le api e comperai i miei primi 4 nuclei. Era il 2012. Quell’anno riuscii a produrre 60 kg di millefiori castagnoso e 2 nuclei. Dovetti ricredermi: le api sono delle
raffinate produttrici di reddito. Tra un lavoro e l’altro, piano piano, misi su la mia attuale azienda agricola che mi occupa al 60% (l’altro quaranta è per la famiglia). Attualmente, tra alveari e nuclei ho poco più di 220 unità.

Nomadismo
Il primo problema serio che dovetti affrontare con le api era il nomadismo. La mia prima postazione era ottima per il castagno, ma pessima per tutto il resto: dovevo produrre quel maledetto miele chiaro e dolce, l’acacia. La Panda che avevo si rivelò un ottimo mezzo per il nomadismo, fino a quando stavo sotto i trenta alveari. Superato quel numero, passare le notti a spostare 4 alveari per volta era un fattore limitante. Per uscire da questa impasse, mi sposai: col ricavato dei vari regali io e mia moglie acquistammo un bel furgone, rinunciando al viaggio di nozze. Tanto per quello
c’è tempo.

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