Prima parte
Una lunghissima carriera di insegnamento e ricerca ad Harvard, biologo evoluzionista nato e rimasto per tutta la sua lunga vita di studio e ricerca un notissimo mirmecologo (entomologo che studia le formiche), Edward Osborne Wilson (10 giugno 1929 – 26 dicembre 2021) amava tuttavia definirsi un naturalista.
Una scelta apparentemente anacronistica, evocativa di un immaginario avventuroso
à la Jules Verne ma soprattutto dellʼapproccio di Charles Darwin, in cui il rigore classificatorio conteneva lo stupore per la continua scoperta di forme di vita sconosciute.
Wilson voleva collocarsi tra coloro che sono mossi al fondo da una vera e propria passione, una motivazione che suona allʼincirca: studio questo organismo perché
mi piace.
Lo scriveva senza indugi: “I naturalisti sono opportunisti. Essi non amano soltanto l’argomento oggetto di studio, ma l’idea di questo. Il loro scopo principale è
quello di imparare quanto più possibile riguardo a tutti gli aspetti delle specie che danno loro un piacere estetico. Gli organismi sono i loro totem, da venerare e da mettere al servizio della scienza. Noi apparteniamo a questa (…) scuola; siamo naturalisti di professione e grande parte delle nostre carriere è stata dedicata a portare le formiche alla ribalta della biologia”.
È un discorso che ci suona familiare… noi apicoltori tendiamo ad essere dichiaratamente selettivi nei nostri interessi entomologici (dalla a di Ape alla z di ronZio). Per contro, quando ci imbattiamo nelle formiche, schiumeggianti dai coprifavi degli alveari o all’attacco dei forzieri del nostro miele, non subiamo alcuna fascinazione: pensiamo solo a come allontanarle, nell’ipotesi più pacifista.
E quante volte in apiario i nostri spostamenti ne intersecano ininterrotti flussi? A volte capita pure di trovarsi nel bel mezzo di imponenti sciamature, con migliaia di atterraggi di fortuna di individui alati sopra ai coperchi degli alveari. Se questo accade dopo la lettura di “Formiche. Storia di una esplorazione scientifica”, ci fermiamo e osserviamo con curiosità e una certa simpatia, ricordando che come le
“nostre” api mellifere, anche le formiche sono imenotteri sociali.
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